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A margine di una conferenza stampa sulle iniziative della Regione Puglia contro le violenze sulle donne, Emiliano aveva invitato il Consiglio Regionale a portare in Aula la nuova legge elettorale sulle preferenze di genere. “Va superata quella brutta pagina della precedente legislatura”, dicevano in Regione quelli del Pd pensando a Nichi, e aggiungevano, “Quella ferita va sanata quanto prima”. “Raccogliamo l’appello del Presidente Emiliano. Il Gruppo consiliare del Pd è pronto a fare la propria parte per modificare da subito la legge elettorale regionale introducendo la parità di genere“. Etc. etc.

Eravamo nel 2016. Era stata da poco approvata in Parlamento la legge sulle cosiddette “quote rosa” (Legge 15 febbraio 2016 n.20), che modificava all’articolo 4 della legge 2 luglio 2004, n.165, volta a garantire l’equilibrio nella rappresentanza tra donne e uomini nei consigli regionali.

Mossa da nobili ideali, la politica dei democratici muoveva per sanare la lesione del diritto delle donne a poter rappresentare quella parte di società (la maggioranza) orfana di appropriata rappresentanza, talvolta derisa oppure mal rappresentata, per l’egemonia e la sete di potere degli uomini.

Lo ricordiamo, in Consiglio Regionale della Puglia, siedono 5 donne su 50 consiglieri.

E’ bene altresì rammentare ai sostenitori (a parole) della parità uomo-donna, che prima di loro, John Stuart Mill, un liberale, economista e politologo inglese del 800’, vagheggiò la parità tra i sessi e scrisse un saggio, “The Subjection of Women” (Sulla soggezione della donna). Nel suo lavoro Mill sosteneva che il grado di arretratezza della società inglese del XIX secolo, era dovuta all’esclusione della donna dalla vita sociale, politica ed economica dell’Inghilterra, e per questo, proponeva l’uguaglianza tra i sessi. Le ragioni di tale affermazione e la volontà di cambiare le cose erano contenute nel saggio che J.S.Mill pubblicò nel 1861. La convinzione di Mill era così forte da spingerlo a candidarsi alla Camera con un programma politico decisamente egualitario, al punto tale da proporre il voto alle donne. Una autentica rivoluzione! Fu eletto e grazie a lui le donne a quel tempo nel regno potettero votare.

La rappresentanza politica di genere (ma anche economica) è come il diritto di voto alle donne. Se continuiamo a tenere le donne fuori, non solo neghiamo alla maggioranza della società di essere adeguatamente rappresentata , ma nel contempo, priviamo la stessa, delle sensibilità e creatività tipiche del mondo femminile, nell’affrontare le cose.

L’Italia di oggi, come l’Inghilterra di Mill soffre anche perchè alle donne non sono sufficientemente garantiti “i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità” (art.2 cost.)

Qui in discussione non è solo l’art.51 della costituzione “Tutti i cittadini dell’uno o dell’altro sesso possono accedere agli uffici pubblici e alle cariche elettive in condizioni di eguaglianza, secondo i requisiti stabiliti dalla legge”, ma anche gli artt. 2, 37 c.1 e 48 c.1 della costituzione.

Sono passati 4 anni da quelle dichiarazioni ed ancora oggi assistiamo alla tarantella della doppia preferenza di genere.

Nella seduta del 4 marzo 2020 la Camera ha esaminato ed approvato due mozioni concernenti iniziative volte a promuovere la parità di genere e a prevenire e contrastare la violenza contro le donne. Tra gli interventi di promozione dei diritti e delle libertà fondamentali,  particolare attenzione è stata posta a dare attuazione dell’articolo 51 della Costituzione, introducendo l’obbligo di promozione delle pari opportunità di accesso tra donne e uomini alle cariche elettive, incidendo sui sistemi elettorali attualmente vigenti nei diversi livelli (nazionale, regionale, locale e al Parlamento europeo), ma anche sulla promozione della partecipazione delle donne negli organi delle società quotate.

Tale mozioni hanno di fatto condizionato l’azione di Governo al punto che il ministro per gli Affari regionali e le Autonomie, Francesco Boccia, al termine del Consiglio dei Ministri dello scorso 25 giugno ha dichiarato che “anche Puglia e Liguria alle prossime regionali potrebbero votare con la doppia preferenza di genere“.

Patrizia del Giudice, Presidente della Commissione regionale per le Pari Opportunità della Regione Puglia, si è affrettata a specificare che quello del ministro Boccia è solo un atto di indirizzo nel CDM. Pertanto, ha aggiunto, resta sempre viva e costante l’attenzione di questo organismo paritario per consentire la presenza femminile all’interno del prossimo Governo regionale.

E’ tempo per la Puglia e le sue Donne, che la politica passi dalle parole ai fatti. Adesso!

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