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Asphalt People
Asphalt People (Photo credit: Mauro “Kilamdil” Monti)

Facciamo un ragionamento. Magari semplice, così ci capiamo.
Metti di essere un padre di famiglia che può dare qualcosa ai propri fIgli. Metti pure che uno di loro abbia più bisogno degli altri.
Da buon padre/madre di famiglia quale sei, come ti comporteresti?

Alcune considerazioni.
Il Governo con il Documento Economico Finanziario 2014, per alleggerire il peso fiscale delle famiglie e stimolare i consumi interni è intervenuto sul cuneo fiscale (aumento detrazioni IRPEF). A partire da maggio 2014 i lavoratori dipendenti che percepiscono una retribuzione fino a 1500 euro netti mensili si ritroveranno in più in busta paga circa 80 euro. La riduzione dell’IRPEF, dice il Governo, si giustifica non solo per la valutazione economica e la sostenibilità sociale del processo di risanamento, ma anche per la riduzione delle “ineguaglianze e della povertà della popolazione lavorativa”.
Per le imprese invece è prevista a breve una prima riduzione mediante il taglio dell’IRAP del 10% che verrà introdotta con specifico provvedimento. Poi, fa sapere il Governo, si interverrà sui pensionati e sulle partite iva e lavoratori autonomi.

L’Istat, dal canto suo, fa sapere che in Italia ci sono oltre 1 milione di famiglie senza reddito. Di queste sempre fonte Istat – oltre 600 mila hanno figli.
Atteniamoci ai dati ufficiali, e facciamo due conti.
Una famiglia con figli è composta da padre madre e, almeno un figlio. Sicchè se moltiplichiamo 600 mila per tre (padre, madre e figlio) otteniamo 1 milione e 800 mila individui, che sommati ai 400 mila fanno esattamente 2 milioni e 200 mila persone.
Sempre secondo l’Istat, la disoccupazione in Italia si attesta al 12,7% (aprile 2014). In realtà, come riporta l’agenzia Bloomberg (ma il dato è avvalorato da tantissime altre fonti autorevoli), in Italia c’è un profondo gap tra i dati ufficiali (12,7%) e quelli reali. Infatti, se si considerano (ed è necessario farlo) anche i c.d. “rassegnati”, cioè coloro che si sono arresi nella ricerca del lavoro, il tasso dei senza lavoro balza al 24%, arrivando persino a toccare il 35% per i giovani e a superare il 50% per le donne. Senza poi dimenticare – per inciso – che oltre il 52% dei giovani occupati risultano precari. Ma questo merita un’altra riflessione.
Questo ci “autorizza” a modificare il dato Istat, riportandolo al valore reale che si attesta appunto attorno al 24%.
In questa ipotesi il totale degli individui privi di reddito salirebbe a 5 milioni e 400 mila, cioè circa il 10% dell’intera popolazione italiana.
Ora, se osserviamo gli interventi del Governo, cioè il linguaggio della politica in tema di politica economica, constatiamo che esso è rivolto unicamente ad un target sociale legato al mondo del lavoro. Il Governo parla infatti di misure in favore di lavoratori, popolazione lavorativa, interviene sulla struttura retributiva, sulla riduzione dell’IRPEF, IRAP, sulle imprese, pensionati e partite iva.
Parla cioè ad una parte minoritaria della società.
Dei senza reddito e senza rappresentanza, comunque persone in carne ed ossa, nessuno sembra preoccuparsene. Eppure sono lì, inermi come il pietrisco delle cave in attesa che qualcuno si accorga della loro esistenza, mentre vecchi ottuagenari o vetusti politici, manager e incaricati, sbavano tra scandali e ruberie, doppi, tripli e multipli incarichi, incassando lauti vitalizi, liquidazioni e pensioni da sogno.
Non sono certo costoro che hanno reso possibile il “miracolo italiano”, ma è utile ricordarlo, i milioni di operai che hanno dovuto lottare, strappando salari dignitosi, diritti sindacali e condizioni migliori di lavoro arrivando a sacrificare il bene supremo: la vita. Oggi, sono le stesse persone che con il loro sacrificio stanno risanando le finanze dello Stato dalle voragini generate dai predatori ed acuite da una crisi economica che non hanno nè creato nè voluto.
Non possiamo continuare a tenere fuori dalla porta una parte importante della società. Dobbiamo farli accomodare e sedere a tavola con noi. Un atteggiamento escludente a lungo andare è deleterio e socialmente pericoloso perchè introduce in nuce il germe del disordine sociale.
Per un individuo privato di diritti di accesso ai beni è legittimo chiedersi perchè mai debba osservare le regole di una società che lo tiene escluso ed emarginato.
E ciò non mina alla base il legame solidaristico del contratto sociale su cui si fonda la convivenza civile?
Probabilmente, alla domanda iniziale avrai risposto che un buon padre/madre di famiglia interverrebbe in favore dei propri figli partendo proprio da chi ne ha più bisogno.
E chi ha più bisogno? Colui che percepisce un reddito per quanto piccolo possa essere o chi un reddito non ce lo ha proprio?
Ecco quindi che l’intervento del Governo va nella direzione opposta all’opinione pubblica e dimostra che non sempre le decisioni dei responsabili politici collimano con le preferenze individuali ed il senso comune.
Questo accade, da un lato perchè l’intervento è viziato da comportamenti condizionati da un ritorno del consenso elettorale, dall’altro perchè la politica concepisce la società in cui viviamo come la società del lavoro e interviene quindi con misure di politica economica legate ad un mondo organizzato e funzionale al lavoro. Un mondo cioè che non c’è più. Questa è una delle ragioni per cui gli interventi producono effetti marginali se non addirittura inefficaci.

Dobbiamo esplorare nuove vie. Una di queste potrebbe essere quella di spezzare il legame diretto reddito-lavoro. Se così non fosse, o noi assicuriamo lavoro per tutti, e ciò non è più possibile, a meno che non si realizzi una condizione di guerra che porta come ben sappiamo alla piena occupazione (ma ovviamente non è un’ipotesi da augurarsi), oppure dobbiamo assicurare a tutti gli individui un reddito minimo.

Una società di circa 60 milioni di individui di cui solo 22 milioni e 498 mila  sono gli occupati (dato Istat ottobre 2013, tendenzialmente in dimunuzione) a cui vanno sottratti i lavoratori in mobilità, quelli in cassa integrazione, coloro che sono in formazione, con una presenza nei giovani occupati di oltre il 50% di precari (dato Istat aprile 2014), ed una componente del volontariato che si espande oltre ogni aspettativa, dove i sistemi economico-produttivi riescono a produrre crescita economica senza occupazione, può continuare a definirsi ed essere organizzata come una società del lavoro?
E allora, se non possiamo assicurare lavoro per tutti possiamo invece garantire un reddito minimo per tutti.

In Germania, il partito socialdemocratico (SPD), indispensabile per la formazione del Governo di Grosse Koalition (grande coalizione) con i cristianodemocratici della Merkel, ha “imposto” alla Cancelliera tedesca, l’introduzione del reddito minimo garantito.
In Italia, la “grande coalizione” (PD-PDL), oggi di Renzi, ieri di Letta, Epifani, Bersani, Fassina & company, continua a snobbarlo, quando invece è, a mio avviso, la battaglia politica per l’affermazione di un diritto civile sociale del XXI secolo.

In una società civile e liberale, e che si definisce tale, dove tutti i cittadini per il fatto stesso di esserlo hanno diritti politici (diritto di voto), diritti giuridici (uguaglianza di fronte alla legge) e diritti civili (diritto al lavoro, alla sanità, alla previdenza all’istruzione, alla protezione) perchè mai non dovrebbe essere annoverato un reddito minimo garantito? “Minimo”, ma uguale per tutti.

Fa riflettere che uno status fondamentale, che in linea di principio dovrebbe essere comune a tutti i cittadini, stia diventando un privilegio della maggioranza.
Ma se non è questo che vogliamo, la soluzione non è distribuire tessere di povertà, come sta accadendo con la sperimentazione avviata a gennaio 2014 nelle grandi città italiane con l’introduzione della “carta acquisti ordinaria”, ma nello stabilire diritti civili per tutti.

Una risposta

  1. …..i Cittadini rimasti indietro sacrificati all’Euro non sono solo gli attuali disoccupati ma quelli che verranno e quelli che incapperanno nelle nuove poverta’,se la politica non fara’ un ravvedimento operoso nei confronti di questi Cittadini sara’ inevitabile lo scontro sociale bisogna solo vedere in che forma.

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