Ieri 8 marzo, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, in diretta con il Parlamento britannico, ha fatto appello al Regno Unito affinché faccia di più per l’Ucraina e fermare l’aggressione di Putin.
Ha evocato le parole del Primo ministro Winston Churchill pronunciate durante la Seconda guerra mondiale per fermare il nazismo. “Non ci arrenderemo e non perderemo”.
“La questione per noi adesso – ha continuato Zelensky -, non è shakespeariana, essere o non essere. Questa domanda si sarebbe potuta fare prima. Ora la risposta definitiva per noi è “essere”.
Ciò significa, essere popolo e quindi avere il diritto di esistere come popolo.
“Combatteremo fino alla fine – a continuato Zelensky – , nel mare, nell’aria. Combatteremo per la nostra terra, a qualunque costo. Combatteremo nelle foreste, nei campi, sulle rive, nelle strade”.
Un invito al popolo ucraino, laddove ce ne fosse bisogno, alla resistenza.
Così facendo Zelensky richiama ed incarna il radicalismo politico dei monarcomachi che affonda le proprie radici nelle correnti Calviniste del XVI e XVII sec., sostenitori del diritto alla resistenza per l’affermazione della sovranità popolare e la subordinazione del potere (anche del re) alle leggi del diritto, contro l’aggressore che vuole imporre con la forza il suo ordine politico e sociale.
La resistenza di ogni ucraino si salda e identifica così, in modo indissolubile nella coscienza collettiva di un popolo disposto a tutto, al regicidio come all’estremo sacrificio, pur di non perdere la propria libertà.
Da che parte stai?
La risposta non può che essere, sempre dalla parte degli aggrediti!