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La ricerca sulla Aliyah Bet, la seconda immigrazione degli ebrei in Palestina, generalmente richiede come punto di partenza la primavera del 1945. Tuttavia, analizzando il caso italiano, alcuni storici lo fanno risalire al giugno del 1943, quando cioè, gli alleati sbarcarono in Sicilia e le regioni dell’Italia meridionale appena liberate, divennero presto i primi centri di raccolta per gli ebrei rifugiati della seconda guerra mondiale.

La Prima Aliyah, conosciuta anche come Aliyah agricola, fu una grande ondata di immigrazione sionista in Palestina avvenuta sotto l’impero ottomano tra il 1881 e il 1903. Gli ebrei che emigrarono in questo periodo in Palestina provenivano principalmente dall’Europa orientale e dallo Yemen. E comunque, ciò di cui noi ci occuperemo fa riferimento alla cosi detta seconda Aliyah, cioè la “Aliyah Bet” dove il termine “Bet” in lingua ebraica significa appunto due.

In Italia, l’accelerazione di tale fenomeno, fortemente sostenuto dal movimento sionista, avvenne con l’introduzione delle leggi razziali del 1938. Da questo momento, la posizione degli ebrei italiani si deteriorò rapidamente. Ai periodici ebraici esistenti fu ordinato di interrompere la pubblicazione, le organizzazioni sioniste furono sciolte e la vita ebraica, ad eccezione delle funzioni religiose e caritative, dovettero essere svolte in segreto. Questo periodo segnò l’inizio di una considerevole aliyah dall’Italia, i cui primi pionieri furono Enzo e Ada Sereni nata Ascarelli, che nel 1926, alcuni anni dopo l’avvento della dittatura fascista, lasciarono l’Italia per insediarsi in un kibbutz in Palestina.

Nella primavera del 1943 vivevano in Italia circa 9.000 ebrei stranieri, dei quali 6.386 erano stati internati dalle autorità italiane. Questi erano i cosiddetti “vecchi rifugiati“, principalmente ebrei tedeschi e austriaci che avevano trovato rifugio in Italia negli anni ’30 e studenti polacchi o jugoslavi internati in Italia dal 1940 (Voigt 1993). Tra questi troviamo gli Uhlfelder giunti a Bari nel dicembre del 1936, dopo l’emanazione in Germania nel 1933 delle prime leggi restrittive, che escludevano medici, negozianti ed avvocati di origine ebraica dall’impiego in ruoli al servizio dello Stato.

Alla fine del 1945, secondo la Commissione d’inchiesta angloamericana (AAC), le DPs (displaced persons), cioè gli sfollati ebrei di origine non italiana in Italia erano 16.000. Questo numero ha continuato ad aumentare nei mesi e anni immediatamente dopo la guerra, a causa dell’arrivo dello Sherith ha-Pletah, termine di origine biblica, che significa letteralmente “il rimanente sopravvissuto“. Fu usato per la prima volta nel ghetto di Kaunas in Lituania alla fine del 1944 per indicare gli ebrei che fuggirono dalla deportazione nazista. I DP ebrei lo usarono in seguito per riferirsi a se stessi (Mankowitz 2002, 24 sgg.).

Lo Sherith Ha-Pletah arrivò principalmente dall’Europa dell’Est attraverso un movimento di fuga spontaneo, noto come Brikhah (volo, in ebraico), che coinvolse circa 250.000 ebrei (Bauer 1970). Brikhah fu presto collegato al movimento clandestino del Mossad le-‘aliyah Bet (in breve: il Mossad), che dal 1945 organizzò l’immigrazione clandestina di ebrei dall’Europa alla Palestina per conto dell’Agenzia Ebraica. Questa comunità transnazionale di ebrei che attraversò l’Italia passando da Bari in viaggio verso la Palestina, ha contribuito a rendere l’Italia “Porta di Sion“, l’ultima tappa prima dell’aliyah. Tra agosto 1945 e maggio 1946, quattordici navi del Mossad partirono dall’Europa, di cui dieci dall’Italia, con 5.586 passeggeri. Altre dodici navi navigarono tra giugno e settembre 1946, di cui sei dall’Italia, con 10.408 persone(Toscano 1990, 91, Sereni 1973, Zertal 1998).

Il primo incontro tra gli alleati e un folto gruppo di DP ebraici in Europa ebbe luogo il 14 settembre 1943 al campo Tarsia di Ferramonti (Calabria, Italia sud-occidentale) che era stato sin dal 1940 un campo di internamento fascista fino a quando gli alleati nel 1943 lo convertirono in un campo profughi. Secondo varie fonti, quando arrivarono gli alleati c’erano nel campo circa 2000 profughi, quasi tutti “vecchi rifugiati” ebrei (Urbach 2008, 210, Capogreco 1987, 143-152).

I profughi ebrei in Italia si organizzarono e stabilirono rapidamente una rete di salvataggio e sostegno reciproco. Per capire meglio chi erano i leader delle DP ebraiche in Italia si dovrebbe prendere prima in considerazione la composizione dell’esercito britannico, che occupò l’Italia tra il 1943 e il 1947 (Ellwood, 1985), questo perchè nei suoi ranghi, c’era un numero significativo di soldati arruolati dai territori mediorientali, all’epoca sotto il controllo britannico, compresa la Palestina Mandataria.

Tutto inizia nel 1943, quando i crimini dell’olocausto si erano diffusi e resi noti non solo in europa, ma anche in America e Palestina dove ci fu un vivace dibattito pubblico tra lo Yishuv (insediamento) e i soldati palestinesi, che durò tutto il 1943, fino a quando cioè, quest’ultimi, presi dal desiderio di vendicarsi di quei crimini e combattere direttamente i tedeschi, cercavano di raggiungere il fronte di combattimento.

Contro tale prospettiva si scagliarono alcuni partiti di opposizione appartenenti alla sinistra sionista e lo stesso Yitzhak Tabenkin, un attivista sionista, fondatore con altri del movimento Kibbutz. Questi aveva accusato coloro che desiderano lasciare Eretz Israel per il fronte, di “perseguire avventure”, dal momento che la partecipazione dei soldati avrebbe comportato l’uscita dal paese di una parte consistente di forze poste a difesa del suolo d’Israele.

Al contrario, coloro che sostenevano l’idea di andare in prima linea adducevano due argomenti a sostegno delle proprie tesi: Il desiderio di combattere i tedeschi per una “giusta” vendetta; la speranza di poter partecipare alla liberazione dei sopravvissuti dell’olocausto e di essere a disposizione per offrire loro l’aiuto di cui avrebbero avuto bisogno subito dopo.

Il desiderio di vendetta dei crimini nazisti accompagnato dalla voglia di combattere direttamente i tedeschi ebbe il sopravvento e così quasi 7.000 soldati ebrei dello Yishuv (termine ebraico per la comunità ebraica in Palestina prima del 1948) si unirono volontariamente agli alleati nell’invasione della Sicilia, sebbene solo nel settembre 1944 i volontari ebrei si costituirono in unità separate dando vita alla Brigata Ebraica.

La Brigata Ebraica, come le Unità Ebraiche dell’Esercito Alleato conosciute dalla fine del 1944, rappresentarono inevitabilmente il primo contatto tra la diaspora (gli ebrei sparsi nel mondo) ed Eretz Israel, e da allora in poi, ebbe un ruolo prominente nelle attività clandestine del Brikhah e del Mossad. Pertanto, i profili dei leader dei DP ebraici in Italia provenivano dai ranghi della Brigata Ebraica, del Brikhah e del Mossad. Alcuni di loro arrivarono dallo Yishuv e furono membri di organizzazioni paramilitari come l’Haganah e il Palmach. Altri ancora erano quelli che avevano guidato la resistenza nei ghetti dell’Europa orientale, o personalità di spicco che erano leader nei movimenti giovanili sionisti nell’Europa prebellica. A questi si aggiunsero anche alcuni esponenti che avevano fatto la scelta del kibbutz, come Ada ed Enzo Sereni partiti in Palestina nel 1926.

La documentazione ufficiale della Allied Control Commission (ACC) rivela che i gruppi sionisti, con la loro forte leadership, avevano sostituito l’Ufficio della Palestina subito dopo la liberazione del campo di Ferramonti di Tarsia in provincia di CosenzaErano incaricati di registrare coloro che volevano fare l’aliyah e fornire loro tutti i documenti necessari per l’emigrazione. Inoltre, i soldati della Brigata avevano fornito servizi di soccorso irregolare ai DP ebrei incontrati dal settembre 1943.

Nel febbraio 1944 l’Organizzazione Sionista aveva stabilito a Bari, all’interno …

… continua

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