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Il Parlamento italiano, con la Legge n. 61 del 15 aprile 2005, ha definito il 9 novembre “Giorno della libertà”,  in ricordo dell’abbattimento del muro di Berlino.

La sua demolizione è l’epilogo di una storia iniziata nel 1919 con la Repubblica di Weimar, quando la Germania adottò una costituzione ispirata dagli ideali liberali e democratici del 1848. Essa rappresentò un punto di rottura col passato, con la tradizione, ponendosi in netta antitesi con l’autoritarismo della Germania monarchica e bismarkiana.

Una costituzione a cui aveva dato un notevole apporto intellettuale, il politologo e sociologo tedesco Max Weber. Eppure quel gioiello costituzionale naufragò miseramente aprendo le porte al nazionalsocialismo, un’ideologia radicale, razzista, antisemita e antidemocratica.

L’ascesa del Partito nazista in Germania crebbe in concomitanza con la grande crisi del 1929 che riacutizzò le difficoltà economiche in Germania. I nazisti si fecero carico del malcontento diffuso nella società, acquisendo nuovi consensi. La loro forza crebbe fino al punto di poter abbattere le istituzioni democratiche, sospendere le funzioni del Parlamento e della Costituzione ed instaurare un regime totalitario, caratterizzato dall’esaltazione della razza e da un antisemitismo viscerale.

La conseguenza di tutto ciò fu orrore e distruzione ovunque in Europa. Interi gruppi sociali e singoli individui vennero privati dei propri diritti ed espropriati dei beni personali ed affettivi. Iniziarono le concentrazioni delle persone nei ghetti, le restrizioni, le deportazioni nei campi di concentramento, ed infine, il loro sterminio. Tutto ciò però, non significa affatto che gli ebrei, come pure gli zingari, i Testimoni di Geova, gli omossessuali o i dissidenti politici, morissero solo nella fase finale di tale sistema. Piuttosto, il sequenziamento di questi stadi ci fornisce un profilo euristico e storico dell’evolversi del progetto politico messo in atto scientificamente dal regime nazista. 

Per questo, la raccolta dei materiali che documentano l’olocausto, come i testi primari ospitati in musei, fondazioni e biblioteche, diari e testimonianze di sopravvissuti o semplice corrispondenza rappresentano un patrimonio inestimabile ed insostituibile, dal momento che ci forniscono elementi parte di un contesto fondamentale per lo studio e la memoria di questo tragico periodo della storia, che va preservato e tenuto vivo, per impedire che venga dimenticato, ma soprattutto, per evitare che esso si ripeta.

Sono queste alcune delle ragioni che mi hanno spinto a pubblicare su internet all’indirizzo olocausto.paparella.it, una parte degli appunti, foto e documenti raccolti sull’olocausto, che hanno interessato anche la Puglia. Storie di persone, molto spesso sconosciute e per questo dimenticate dalla Storia, apparentemente insignificanti, se prese singolarmente, per la brevità temporale, pur se intense, in cui si sono consumate. Ma nel loro insieme, quelle Storie ci danno la possibilità di comprenderne fino in fondo la portata dell’olocausto nel suo divenire, che si spinge oltre la fine della guerra per arrivare sino a noi.

Basti osservare i recenti insulti e minacce di cui Liliana Segre è stata vittima. Esse non possono passare inosservate, nè possiamo tacere su un clima di violenza tale da privare, ancora una volta, una donna, delle proprie inalienabili libertà personali, costretta all’età di 89 anni a vivere sotto scorta. Semmai quegli insulti e quelle minacce dobbiamo sentirli sulla nostra pelle. Devono servire a farci capire e ricordarci che la violenza non è un elemento accidentale nella storia delle persone, ma una costante di cui dobbiamo sempre tenerne conto.

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