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Adesso che la campagna elettorale è finita e il nuovo Parlamento ha emesso i primi vagiti dandosi struttura istituzionale con l’elezione dei Presidenti delle due Camere, il prossimo passo è dare un Governo al Paese.
Il Presidente Mattarella con la fretta che contraddistingue chi ha meno tempo di quanto ne ha già vissuto, ascolta. E se non basta, torna ad ascoltare. Nel frattempo “consiglia” senso di responsabilità. Tradotto, dare un Governo al Paese!
Già, ma come? Gli effetti perversi del “Rosatellum bis”, la legge elettorale voluta dal Pd, sono come gli esami di Eduardo: “non finiscono mai”. E dopo aver imposto agli elettori le nomine d’ufficio dei parlamentari, all’ indomani del voto emerge una nuova difficoltà. Diventa arduo metter su un governo politico per la complessità oggettiva a tenere insieme forze politiche antagoniste e distanti l’una dall’ altra nella visione politica, economica e sociale del Paese.

E’ vero. Ma intanto Mattarella continua ad ascoltare. Anzi, a questa seconda chiamata allarga a chi, per il ruolo ricoperto, l’esperienza maturata o le virtù che lo contraddistinguono, possono dare valore aggiunto alla sua decisione di designare chi assumerà l’incarico per la formazione del nuovo governo. La situazione è delicata, gli equilibri precari e la ricerca di una soluzione, quanto più possibile vicina a quella che enfaticamente viene definita “volontà generale”, non è ancora maturata. Un fatto però è chiaro nella mente del Presidente, un Governo al Paese va dato.
I “bravi” del Pd, di manzoniana memoria, specie quelli nominati col “Rosatellum” non possono “tradire” Don Rodrigo, colui che li ha resi “onorevoli”. Del resto, il senso di lealtà e gratitudine lo hanno manifestato sin dal 4 marzo, quando si sono acquartierati per impedire a Don Abbondio di celebrare il matrimonio tra Renzo e Lucia.
Sappiamo com’è finita. Tolto di mezzo Don Rodrigo, il curato quel matrimonio che i bravi dissero “non s’ha da fare” invece “s’è fatto“.

Ce lo hanno chiesto gli elettori, ripetono gli “asserragliati”. E su questa linea, come fosse la Maginot, che definiscono di responsabilità, stigmatizzano la distanza del loro programma da quello dei 5Stelle.
La lontananza da Salvini e Berlusconi era già nota, e allora, questo Governo
per i bravi del Pd “non s’ha da fare”?

Quindi non ci resta che tornare a votare!
E con quale legge, visto che anche qui i Dem ci hanno lasciati in mezzo al mare?

La distanza c’è, inutile negarlo, ma è quella che passa tra il Pd e il Popolo italiano.
Non è forse anche questo il senso del voto del 4 marzo?
Si può far finta di non sentire o peggio ancora, di non capire, ma quel che c’era da dire il Popolo l’ha detto. Forte e chiaro!

Dicono pure, come una litania, di essere all’opposizione. Di cosa non si capisce bene, e dal momento che un Governo non c’è, si capisce bene invece che l’opposizione è, come dire … a prescindere o nella migliore delle ipotesi una tattica, una strategia, come quella delle giovani fanciulle che si tirano la calzetta per farsi desiderare.
Come possiamo sostenere chi ce ne ha dette di cotte e di crude e ci ha ripetutamente offeso e denigrato?
Comprensibile. Ma se questo è vero, ed è vero, allora l’essenza della questione non è politica ma … psicologica.

Per questo è necessario che essa (ri)torni nel suo alveo originario per poter essere affrontata. Ecco perchè ci vuole tempo. Come il vino va fatto decantare per liberarlo dalle impurità prima di essere bevuto, così gli uomini hanno bisogno di metabolizzare e superare una difficoltà, prima di tornare a ragionare. Perchè spesso le distanze non nascono dalla natura oggettiva del contendere, ma dai giudizi di valore che ognuno assegna alle parti in causa. E questi possono cambiare a secondo dei casi e delle circostanze e comunque sono diversi gli uni dagli altri con il risultato di allontanare le parti dall’oggetto di osservazione.
Per questo dobbiamo liberare le nostre idee dai sentimenti e (ri)sentimenti.

Immaginate per un istante cosa accadrebbe ad un chirurgo che si lasciasse prendere dalla pietà nell’atto in cui si appresta ad amputare un arto incancrenito.

Sia chiaro, non tutto il Pd è schiacciato sull’ intransigenza che nasce dal pathos delle invettive sorte prima, durante e dopo la campagna elettorale. Così come, si va infoltendo col passare delle ore la schiera di chi, superato lo “shock” iniziale della batosta elettorale, torna a ragionare. Ma si sa, ognuno ha i suoi tempi e di questo Mattarella ne tiene conto. E ascolta, paziente.

Il calore del sole penetrerà l’umidità densa della nebbia e si farà strada. Ma ci vuole tempo. Ed è proprio quel tempo che serve al PD per assimilare un cambio di passo, dopo l’istintiva reazione convulsa di prim’ora, quando rabbia e delusione presero il sopravvento.

L’invito è sempre lo stesso, tornare alla politica. I ragionamenti non possono soccombere seppelliti dagli “amarcord” delle “offese” in campagna elettorale. Eppoi per dirla tutta, questa legge elettorale, ce l’avete regalata voi!
E allora che fate? Dopo averci imposto un Parlamento di nominati d’ufficio, volete pure negare un Governo al Paese?
Liberi di farlo!
Sbagliare è umano ma perseverare è diabolico, recita un vecchio adagio popolare.

Si potrebbe andare avanti col chiacchiericcio e ad ogni ragione trovarne una che si contrappone e la contiene. Ma dico, serve una laurea alla Harvard o al MIT per comprendere che un Governo al Paese va dato?
E’ questo l’interesse della Nazione e non è mutuabile. Può non coincidere con l’interesse del Pd, dei 5S o della Lega, ma non per questo cessa di esistere.

Voglio dire, sbaglio a pensare che nel Pd c’è anche chi aspetta di vedere naufragare il tentativo di dare un Governo al Paese per poter dire, senza timore di smentite ed un pizzico di vanagloria che, senza di noi il Paese non va da nessuna parte?
Sbaglio a pensare che c’è pure chi spinge i 5Stelle ad un abbraccio col “diavolo” sapendo che questi ben si concede, ma poi, come ogni patto con “Belzebub” ti chiede l’anima?
Credo che in questo momento il Pd abbia una grande opportunità di riscatto e riconciliazione con quella parte di società che non ha saputo rappresentare.
Paradossalmente, non ostante gli errori e le incomprensioni dell’ elettorato che nessuna assemblea ha sinora fatto emergere, i Dem, possono svolgere un ruolo politico propositivo nel prossimo Governo.

Sia chiaro. Ciò non significa stare nel Governo, proprio per le distanze che ci sono e dicono rappresentare, ma possono contribuire a migliorare le politiche del Governo, finanche a condizionarle, se necessario.

Se così non fosse, se non si riuscisse cioè a dare un Governo al Paese, il “Rosatellum bis” certificherebbe la sua infunzionabilità totale e stigmatizzerebbe i limiti, il pressapochismo e la scarsa cultura politica di chi ha voluto e sostenuto una legge elettorale, non solo inefficace, ma addirittura disastrosa. In tale scenario, da evitare come la peste, il nuovo Parlamento avrebbe un’unica priorità che è anche una necessità, e cioè, approvare subito l’ennesima legge elettorale, prima di ridare la parola agli elettori.
Si aprirebbe per il Paese uno scenario di grande incertezza politica e debolezza economica, marginalizzando il suo ruolo internazionale.
Il tempo in politica non è infinito e in Italia, che che ne dica la propaganda, non ce lo possiamo permettere semplicemente perchè i nostri valori macro-economici sono al di sotto delle medie europee e, in taluni casi abbiamo il triste primato di essere in Europa gli ultimi della classe.

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