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Giorgia Meloni

La premier Meloni, facendo leva sul malessere sociale e le paure degli italiani, di cui la sinistra ha grandi responsabilità, dopo aver preso Governo e Parlamento, è bene dirlo, legittimato dal voto di una esigua minoranza degli elettori aventi diritto, lavora per consolidare il potere attraverso la riforma costituzionale del premierato. Dice che è la madre di tutte le riforme.

Occupata l’informazione, intruppato i giornalisti della TV di stato, addomesticato i media e messo a tacere il dissenso con la galera, la censura o il manganello, come accaduto per studenti e ragazzi del Climate change, il cerchio si chiude con una operazione politico-culturale. Da un lato il premierato che rafforza i poteri del premier e marginalizza il Parlamento, il nuovo assetto della giustizia che sottopone la magistratura al controllo del governo e l’autonomia differenziata che distrugge la Repubblica e i valori solidaristici che la tengono in piedi. Dall’altro si cerca di abbattere l’argine culturale dell’antifascismo e si dissimulano le nuove forme di fascismo, legittimandole sotto mentite spoglie. E’ la nuova era!

Negano che in Italia ci siano forme di fascismo semplicemente perchè non ci sono fascisti. E i fascisti non ci sono perchè anagraficamente inesistenti. E quindi, se non ci sono fascisti è del tutto evidente che non ha senso una discussione sull’antifascismo. L’ambiguità e la dissacrazione dell’antifascismo, è il tentativo culturale di affermare l’inconsistenza, talvolta l’inesistenza, delle ragioni che sottendono l’antifascismo (resistenza, libertà e democrazia). Se non ci sono fascisti, perchè continuare a parlare di antifascismo, cioè di qualcosa che è contro qualcos’altro che non esiste? Così inteso l’antifascismo si riduce ad una forma di irrilevanza politica e sociale di cui possiamo far benissimo a meno. Diventa cioè un falso problema legato ad un periodo (il ventennio) che va archiviato una volta per tutte. Parlarne è solo una perdita di tempo.

Su questo piano si sviluppa tutta la retorica legata ai valori cari alla cultura della destra, depurata dalla diade fascismo-antifascismo: sicurezza, ordine, immigrazione, patria, famiglia, nazione, tradizione e religione, oggi, trovano ampi spazi di legittimazione nei salotti, nelle conferenze, nei discorsi dei politici, nella radio e Tv di stato e negli ambienti di destra disseminati nella società (scuola, istituzioni, politica, cultura, sport e spettacolo). Parallelamente, si sviluppa una legislazione a supporto di tale retorica formalmente lecita ma sostanzialmente liberticida, pertanto fascista, dal momento che riduce gli spazi di libertà, esalta il capo, marginalizza il Parlamento. Ringalluzziti da un clima amico, abbandonano ogni forma di reticenza, cantano Giovinezza, festeggiano il Natale di Roma, si salutano con “A noi!”, fanno il saluto romano, si radunano col “presente!”, vanno in pellegrinaggio a Predappio, sventolano bandiere con la svastica nazista, espongono il faccione di Mussolini, mostrano croci celtiche e il vessillo dei torturatori della “Decima Mas”, inneggiano nei raduni, Duce Duce, tu sei la luce.

La destra della Meloni ci vuole tutti “sotto il balcone” in Piazza Venezia a Roma, come una volta. quando si riempiva di folle oceaniche a gridare guerra, guerra!

La riforma costituzionale del premierato voluta dalla Meloni è un salto nel buio. Scommette sul capo, sul leader carismatico di weberiana memoria, cambia la forma di governo da Parlamentare a non sappiamo cosa, marginalizza il Parlamento, sconquassa gli equilibri tra poteri dello stato ed infligge un colpo pesante al costituzionalismo parlamentare. Non esiste nella letteratura costituzionale una forma di governo a cui tale riforma è riconducibile, pertanto non si possono fare analisi comparative sulle conseguenze che può ingenerare e quindi porre eventuali rimedi.

L’obiettivo della riforma costituzionale del premierato, dicono a destra, è quella di assicurare stabilità al Governo, cioè, impedire che accadano le cosiddette crisi al buio, i vuoti di potere. Ora, dal momento che il premierato della Meloni si ispira ed oscilla, da un cancellierato tedesco ad un semi presidenzialismo francese, se effettivamente il problema è dare stabilità ai governi, basterebbe introdurre l’istituto della cosiddetta “sfiducia costruttiva”, previsto dall’art. 67 comma 1 (costituzione tedesca),  che assicura, in caso di sfiducia di un governo in carica, un nuovo governo entro 48 ore, (avete letto bene, 48 ORE), senza la necessità di cambiare forma di Governo.

E’ evidente che la riforma del premierato invero è un pretesto. O meglio, è la necessità di avere nelle mani del capo più potere a discapito degli altri poteri per poterli soggiogare, a cominciare dal Parlamento. La tripartizione dei poteri e l’equilibrio tra essi, sono pilastri per le democrazie moderne, frutto del pensiero giusnaturalista illuminista del Montesquieu e di una tradizione politica costituzionale, patrimonio di tutti i paesi democratici del mondo che non può né deve essere messa in discussione.

Il modello ligure di Toti

Il Tribunale del Riesame di Genova, come precedentemente il Gip di Genova, hanno respinto la richiesta di revoca degli arresti domiciliari al governatore della Liguria Giovanni Toti, arrestato per corruzione lo scorso 7 maggio, pertanto il governatore resta ai domiciliari.  

Il gip di Genova Paola Faggioni respinse la richiesta di revoca della misura chiesta dal suo avvocato perchè  scriveva “è evidente, anche alla luce dei recenti sviluppi investigativi, la permanenza del pericolo che l’indagato possa reiterare analoghe condotte – peraltro ritenute pienamente legittime e corrette dal predetto – in vista delle prossime competizioni elettorali regionali del 2025 (o di ulteriori eventuali competizioni elettorali), per le quali aveva, peraltro, già iniziato la relativa raccolta di fondi” (F. Q. | 14 GIUGNO 2024).

I giudici del Tribunale del Riesame di Genova, ancora oggi, lo hanno ribadito e respinto l’istanza di revoca degli arresti domiciliari.

Nel suo appello al Riesame contro la decisione, l’avvocato Savi aveva scritto che, in caso di liberazione, Toti non avrebbe più chiesto o ricevuto finanziamenti elettorali da imprenditori interessandosi nel frattempo alle loro pratiche, pur negando che quelle condotte costituissero reato. Secondo i giudici Massimo Cusatti, Marina Orsini e Luisa Avanzino, però, il governatore potrebbe reiterare il delitto proprio “in quanto ha dimostrato di non aver compreso appieno la natura delle accuse”((F. Q. | 11 LUGLIO 2024) 

Il governatore resiste e non si dimette e la Liguria continua ad essere amministrata da un presidente agli arresti domiciliari.

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