Il Governo è intervenuto nuovamente con un Cdm sul caro bolletta nel tentativo di arginare i rincari per imprese e famiglie, dovuti all’impennata del costo dell’energia.
Le misure varate prevedono l’azzeramento degli oneri di sistema (art.1); la riduzione dell’iva al 5% e degli oneri generali per il gas (art.2) e infine, il rafforzamento del bonus sociale elettrico e gas per i clienti economicamente svantaggiati oppure con gravi problemi di salute (art.3).
Tali provvedimenti fanno riferimento al secondo trimestre del 2022 e cioè le bollette che arriveranno per i consumi di aprile-giugno, mentre i rincari faranno sentire gli effetti già con le bollette in arrivo in questi giorni, che riguardano i consumi del primo trimestre, nonostante ci sia stata già la riduzione dell’iva al 5%.
Prima considerazione. Le bollette di energia elettrica e gas in arrivo (primo trimestre), fanno riferimento al periodo invernale, cioè il periodo con maggior consumo e quindi più costoso dell’anno. Questo rappresenterà di per sé un primo problema, considerando il budget familiare in un periodo di crisi dovuto alla pandemia da covid-19.
La seconda questione. Solo con la bolletta del secondo trimestre (prossimo giugno) ci sarà l’azzeramento dei cosiddetti oneri di sistema, oltre alla riduzione dell’iva al 5%, fatta anche sul primo trimestre.
Una terza considerazione. Anche con l’azzeramento degli oneri di sistema, il costo complessivo in bolletta a parità di consumi raddoppierà.
Ma a quanto ammontano gli oneri di sistema e quindi il sostegno del governo alle famiglie, per una bolletta gas che nel 2021 è costata, per esempio, 370 euro, passando (a parità di consumo) nel 2022 a circa 750 euro?
Pochi, 15 euro. Questo sarà il corrispettivo su cui il governo è intervenuto (oltre la riduzione dell’iva al 5%).
Ma c’è un’altra questione che sembra passare inosservata, ma che dal mio punto di vista è importante. Mi riferisco alle debolezze strutturali che si trascinano da anni sul sistema delle economie locali, basate sul commercio, artigianato, piccola impresa, mondo della ristorazione (ristoranti, pizzerie, bar, panificatori, pasticcerie e bistrot) e del turismo (Bed & Breakfast, strutture ricettive e alberghi diffusi), stremate da anni di restrizioni, costi di adeguamento sanitario, dinieghi, lungaggini burocratiche, procedure sempre più complicate che si sommano ad un sistema di tassazione che rasenta la vessazione. Gli imprenditori cercano, tra mille difficoltà, di mantenere in vita la struttura aprendo, quando possibile, per rastrellare qualche euro e coprire le spese, molto spesso senza riuscirci. Puoi farlo per un po’, ma sono anni che si va avanti così e quando paghi gli affitti dei locali, il personale, le utenze, le tasse, devi pur campare e se hai famiglia, non riesci a reggere aprendo solo due o tre giorni a settimana. E così mese dopo mese, accumuli debiti. E i debiti o li onori o chiudi.
Provate a passeggiare per Modugno, noterete come sono aumentate le chiusure delle attività, come pure le cessioni. I locali commerciali in vendita sono tanti ma non ci sono imprenditori disposti ad investire e quei pochi che intendono farlo, magari giovani coppie che provano a darsi un futuro e non allontanarsi dalle famiglie, fuggono spaventati dai lacci e lacciuoli della burocrazia locale vetusta e complicata, fuori dal tempo. Una classe di garantiti, senza problemi di “fine mese”, mentre il resto arranca e la politica mostra la sua inadeguatezza a fronteggiarla.
Per gli affitti commerciali è la stessa cosa. Tantissima offerta, poca, quasi nulla la domanda. Un fenomeno che colpisce finanche le cosiddette vie tradizionali dello shopping (Corso V. Emanuele, via, Roma, Piazza del Popolo). Per non parlare del centro storico che è un pianto, quando invece sarebbe dovuto essere il motore delle economie locali.
Questi fattori stanno trasformando Modugno sempre più in un dormitorio, incapace di sviluppare una sua identità economica, un luogo dove si consuma il reddito prodotto altrove.
Mi vengono in mente la Glasnost e la Perestroika avviate da Gorbaciov negli anni ottanta del secolo scorso in Unione Sovietica, quando si pensò di creare una Borsa valori dopo la caduta del comunismo. Non funzionò, non perchè l’idea in sé era sbagliata, ma perchè non c’erano i valori.
Allo stesso modo accade da noi. Alcune misure, pur se giuste ed incentivanti per l’economia, come può essere l’azzeramento degli oneri in caso di conversione di destinazione ad uso commerciale degli immobili, potrebbero non funzionare, se non ci sono imprenditori disposti ad investire.
Né va sottaciuto ciò che sta accadendo nelle medie e grandi imprese dell’area industriale che innovano e avviano piani di ristrutturazioni e riconversione industriale per contenere i costi di produzione e competere sui mercati globali. Queste azioni riverberanno gli effetti sulle economie locali (vedi Bosh). Ciò comporterà anche riduzione di personale che solo un’attenta concertazione (impresa, sindacati e istituzioni) può contenere e suggerire vie alternative ai licenziamenti.
Nelle ultime settimane poi, si è aggiunta l’instabilità politica internazionale, acuita dai venti di guerra ai confini europei (Ucraina), che hanno prodotto aumenti significativi delle materie prime energetiche e dei trasporti.
La “supply chain” (catena dell’approvvigionamento) è in affanno, le materie prime mancano e le consegne ritardano. L’inflazione, stima la Commissione Europea, crescerà per l’Italia da 1,9% del 2021 al 3,8% nel 2022 (oggi Ansa batte la notizia che l’inflazione a gennaio 2022 è schizzata al 4.8%) e con l’aumento dell’inflazione si ridurrà di conseguenza il potere d’acquisto delle famiglie. Chi ne farà le spese saranno soprattutto i lavoratori a reddito fisso, per non parlare dei disoccupati e famiglie in stato di povertà.
Bankitalia rivede le stime di crescita del PIL nel 2022 passando da un + 6.2% del 2021 al +4%, mentre stima un +2,5% nel 2023 e per il 2024 un +1,7%.
Insomma, ci sono le condizioni per temere una “tempesta perfetta”.
Il governo interviene per quel che può, ma è bene muoversi anche sui territori. Non possiamo restare inerti e pensare di trascendere le nostre speranze affidandole al destino.
Homo faber fortunae suae (Ogni uomo è artefice del proprio destino).
L’amministrazione comunale deve farsi prontamente interprete dello stato di crisi in cui ci stiamo infilando e allertare politica e istituzioni. Penso si debba mettere su rapidamente una serie di azioni, a cominciare da una unità di crisi permanente per fronteggiare la situazione economica contingente che produrrà effetti dirompenti sul sistema delle economie locali (caro bollette, l’aumento dei prezzi, crisi persistente del commercio, artigianato locale, ristorazione e piccola impresa), ma anche umanitaria, alla luce dei venti di guerra che soffiano in Europa.
Il sindaco Bonasia, per la sua esperienza professionale in campo tecnico-economico, non essendo per giunta un burocrate, ha in sé le potenzialità per farlo. Mi chiedo però se ha una visione, una prospettiva per fronteggiare la crisi in atto che va aggravandosi di giorno in giorno e indicare una via per tirare fuori dalle paludi l’economia locale. Ma soprattutto, mi chiedo se ha l’autorevolezza e la forza necessaria per farlo e se riuscirà a “convincere” la macchina burocratica a seguirlo.
Faccio un esempio. Nell’esperienza amministrativa precedente, mi riferisco al suo predecessore, Magrone aveva un’idea di città, giusta o sbagliata che fosse, ma l’aveva. E soprattutto aveva l’autorevolezza per perseguirla, anche a costo di apparire (o essere) impopolare o mettersi “contro” chi, quella visione la osteggiava. Ma la cosa più importante è che essa è stata condivisa dalla struttura amministrativa dell’ente, grazie al suo prestigio personale. La burocrazia, pur se distinta e autonoma dalla politica, lo ha assecondato. Insomma in lui c’erano gli elementi che il politologo e sociologo tedesco Max Weber, individuava in un leader o capo carismatico.
Voglio dire, l’orchestra suonava a tempo, in armonia, lo stesso spartito.
Un esempio per tutto.
Magrone ha voluto istituire a Modugno il Parco urbano “Pinuccio Loiacono”, un “affair” complicatissimo. Per farlo ha messo in movimento l’intera macchina amministrativa che si è attivata all’unisono, guidata dell’assessore all’Urbanistica Francesca Benedetto, la quale, con impegno e solerzia ha ricostruito l’intera vicenda “Italcementi“, dal punto di vista giuridico-amministrativo, “strappando” alla proprietà in contropartita un “dono” destinato alla comunità modugnese, il Parco urbano.
Prima di chiudere questa breve riflessione, ma anche per evitare che essa rappresenti solo un susseguirsi di pensieri e parole, vorrei indicare una misura che a mio avviso, se realizzata, potrebbe contribuire alla costituzione di quella che potremmo definire infrastruttura economica immateriale, su cui poggiare successivamente o contestualmente ulteriori interventi di politiche economiche, che verrebbero in tal modo capitalizzate dall’intero sistema delle economie locali. Essa va nella direzione di superare la miope visione delle politiche contingenti dei sussidi e del contributo a fondo perduto, che producono effetti di contenimento a breve ma effimeri. Le economie locali chiedono invece politiche strutturali di ampio respiro che diano risultati stabili e duraturi nel tempo, intervenendo sulla promozione del territorio e sul marketing territoriale.
E allora, perchè non cercare di inserire Modugno nell’elenco dei Comuni ad economia prevalentemente turistica, che assieme alle città d’Arte costituiscono un patrimonio regionale che si differenzia dal resto dei comuni, sia dal punto di vista turistico-ricettivo che storico-culturale?
Non è forse anche questo un modo per interpretare il PNRR (Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza) declinando lo sviluppo della nostra comunità, esaltando la sua vocazione turistica-culturale, sinora totalmente disattesa?