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Per mesi, abbiamo assistito in diretta tivvù all’apocalisse in Australia, dove flora e fauna di estesi territori sono andati distrutti dal fuoco inasprito dalle condizioni climatiche, ed alcune specie sono state cancellate per sempre dal patrimonio naturale del pianeta. Da anni, assistiamo impotenti allo scioglimento dei ghiacciai (la Marmolada ha ancora 20 anni di vita, chi non l’ha vista si affretti ad ammirarla).

Grazie a Greta, il nuovo simbolo del mondo che ha voglia di cambiare, si è riaccesa una nuova sensibilità verso il pianeta, prendendo coscienza della sua fragilità.

I cambiamenti climatici sono un dato di fatto acquisito ed accettato anche da coloro che credevano nella capacità omeostatica della terra a sapersi rigenerare o compensare i danni prodotti dell’uomo. E mentre il pianeta, come dicono alcuni scienziati, è sul punto di non ritorno, a Modugno, l’amministrazione Magrone decide di destinare a Parco urbano l’area naturalistica di 190 mila metri quadri dell’ex cementeria, acquisita gratuitamente con la firma dell’accordo siglato lo scorso 19 febbraio tra  Italgen S.p.A. e il Comune di Modugno.

Pare una buona notizia. E senz’altro, a mio avviso, lo è. Sia chiaro, non è la pretesa di avere nelle mani la soluzione di un problema planetario, dal momento che, ad una questione globale le risposte per essere efficaci, non possono che essere globali. Ma certamente rappresenta un piccolo gesto, un segno di alto valore simbolico eretto a presidio, che indica ed invita a percorrere una nuova strada.

Non è forse questo l’elemento che differenzia e caratterizza la lungimiranza del politico?

Francesca Benedetto, vicesindaca, lo definisce “Il dono più grande che lasciamo alla nostra città, per anni saccheggiata da cemento e industrializzazione selvaggia. Proprio lì dove esisteva un’industria che ha invaso il nostro territorio, distruggendolo, sorgerà un’area verde, un parco, una meraviglia”.

Poche e semplici parole su cui si può dissentire e non essere d’accordo ad immaginare un Parco, laddove si produceva cemento, ma ciò non toglie che essa rappresenti un paradigma dello sviluppo di un territorio, che cerca nel suo divenire di fondare un nuovo patto con la comunità, compensando uno sviluppo monolito basato su l’industrialismo, con una vista logica improntata sulla tutela e valorizzazione del patrimonio culturale e paesaggistico. 

Insomma, è l’invito a prendersi cura del proprio territorio, alla luce delle trasformazioni imponenti e significative che l’hanno interessato nel corso degli ultimi decenni.

Il progetto esecutivo di riqualificazione ambientale del Parco urbano “Pinuccio Loiacono”, redatto dall’Ing. Giuseppe Cataldo e dall’Arch. Nicola Sacco ,ed approvato dall’amministrazione Magrone, va in questa direzione, e si colloca, assieme al sistema delle lame, delle chiese rupestri, dei muri a secco, delle aree archeologiche, dei piccoli casali, delle edicole, cioè l’heritage sedimentato nella coscienza collettiva di una comunità, che va preservato, valorizzato, tutelato, ma anche goduto.

Con la cessione, dell’ex Cementeria, le aree a verde del Comune di Modugno aumenteranno del 450 per cento, per complessivi 190 mila metri quadri (pari a sei volte il Parco San Pio e 16 volte la villa comunale di Piazza Garibaldi).

E, mentre la comunità modugnese accoglie con entusiasmo la destinazione a Parco dell’ex cementeria, a parte alcuni isolati distinguo, che hanno più il sapore della rivalsa politica, talvolta personale, il Partito Democratico, pur avendo votato in Consiglio comunale a favore dell’acquisizione, non condivide l’idea di realizzare un Parco in quell’area.

Il “NO” al parco del PD e del candidato sindaco Cramarossa, è un errore politico che non può passare inosservato. E’ tra l’altro, un’assurda ed anacronistica posizione, che lo colloca inevitabilmente in quella zona grigia di retroguardia culturale, conservatrice, lontana e distante dalla tradizione politica ecologica ereditata dal suo partito.

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